La gestione del contenzioso in Europa e resto del mondo

La gestione del contenzioso in Europa e resto del mondo

L’iter del contenzioso medico-legale segue in molti Paesi una strada semplice e lineare. La conciliazione tra paziente e odontoiatra è veramente favorita e incoraggiata dal sistema: così il livello di contenzioso rimane basso
Mentre in Italia si assiste a qualche sporadica iniziativa per favorire la conciliazione delle liti tra medico e paziente, nel resto del mondo civilizzato vi è una strada sicura e ben tracciata, gestita dagli ordini professionali, che evita di arrivare in tribunale nella gran parte dei casi. Il viaggio del nostro giornale dagli Usa alla Nuova Zelanda passando per Polonia e Portogallo rivela che l’Italia è un unicum, purtroppo in negativo, tra procedimenti giudiziari costosi e lenti e procedimenti conciliativi che stentano a decollare.

Germania
Forse non fa piacere leggerlo anche su queste pagine ma la Germania si conferma se non über alles, sicuramente vor allen, cioè prima di tutti, avendo risposto nel giro di pochi giorni alle nostre domande. Cosa tanto apprezzabile quanto la facilità con cui anche uno straniero può informarsi sul come risolvere i problemi insorti col suo odontoiatra. Siti pubblici molto esaurienti e di facile consultazione (come www.eu-patienten.de) illustrano le varie fasi del percorso, mentre il sito gestito da Bzaek (equivalente della nostra Fnomceo) permette di conoscere le norme fondamentali che regolano il rapporto medico-paziente.
In sintesi, chi sospetta di aver subito un danno deve in prima istanza rivolgersi al curante che, per legge, è obbligato a rispondergli entro un termine stabilito. Se non è soddisfatto, il paziente può rivolgersi all’ordine al quale è iscritto il professionista oppure al servizio medico della sua assicurazione sanitaria (obbligata a intervenire gratuitamente) o a organizzazioni indipendenti come la Unabhängige Patientenberatung Deutschland. L’ordine o l’assicurazione valutano le lamentele e, se possibile, risolvono la questione gratuitamente sulla base della sola documentazione clinica; altrimenti, indirizzano l’interessato a un perito che lo visita e redige una relazione secondo tariffe prestabilite. Se il perito ritiene che il professionista ha compiuto un errore, il paziente è invitato a rimettersi in contatto con lui per tentare di risolvere bonariamente la questione. Se non riesce, può rivolgersi al tribunale dove, in caso di piena vittoria, non dovrà nemmeno pagare le spese legali e giudiziarie che verranno addebitate al professionista (cosa che in Italia non sempre avviene, potendo il giudice decidere di dividerle). Se le ragioni del paziente vengono accolte solo parzialmente, una parte delle spese è a suo carico. Da segnalare un’importante differenza rispetto al nostro ordinamento: l’onere della prova spetta al paziente, secondo un antico principio del diritto romano (onus probandi incumbit ei qui dicit) tranne che nei casi particolarmente gravi, come quando viene asportato un organo o un arto sano invece di quello malato.
Dalla Bzaek ci comunicano, purtroppo, di non avere dati sulle controversie tra pazienti e odontoiatri ma, per quanto ci è stato possibile rilevare da una rassegna stampa condotta per un anno attraverso un comune motore di ricerca e attraverso siti specializzati come www.zahnarztrecht-aktuell.de, il numero di pazienti che si rivolgono al giudice ordinario non sembra molto alto, anche se qualcuno sostiene il contrario. Da Berlino, infatti, l’avvocato Volker Loeschner, specializzato in cause di responsabilità sanitaria in ambito odontoiatrico, ci ha comunicato di gestirne circa 200 all’anno di cui il 90% terminano in un’aula di giustizia. L’importo medio richiesto come risarcimento oscilla tra 20mila e 40mila euro ma quello effettivamente riconosciuto e pagato è circa la metà.
A fronte di questo ipotetico dato stanno i 560 casi di responsabilità professionale accertati nel 2014 in ambito odontoiatrico dai periti del Spitzenverbandes Bund der Krankenkassen, pari al 39% dei casi segnalati da pazienti curati in regime di convenzione con le assicurazioni malattie (Krankenkassen), che in Germania sono la stragrande maggioranza (per legge è obbligatorio avere un’assicurazione sanitaria). Secondo la medesima statistica, l’odontoiatria detiene il poco invidiabile primato di specialità più a rischio, seguita da chirurgia generale, ginecologia e ortopedia.

Svizzera
Un iter simile è percorribile anche in Svizzera come ci ha spiegato Davide Ferrari, neopresidente della Sso-Ticino, società svizzera di odontostomatologia del cantone di lingua italiana dove vivono circa 350mila persone. «La nostra commissione arbitrale valuta il caso visitando il paziente ed emette una decisione. Questa può essere reclamata dal collega, in caso di vizi di forma o importi spropositati, a un’altra nostra commissione. La valutazione clinica non viene però rimessa in discussione. Passati questi gradini, rimane solo la procedura legale, alla quale a mio sapere all’interno della Società non siamo mai arrivati. Altro discorso vale per i dentisti non membri, per i quali il paziente ha soltanto le vie legali come arma di contestazione. Purtroppo non sono in grado di fornire statistiche in quanto completamente fuori dal nostro controllo».
Nel 2015, la commissione ha esaminato 29 casi, le cause del contenzioso riguardavano l’onorario in 6 casi, la qualità delle cure in 17 ed entrambe le cose nei restanti casi. La commissione ha deciso a favore del dentista in 5 casi, a favore del paziente in altri 9 mentre in 13 casi ha trovato una soluzione conciliatoria; un caso è stato risolto per telefono e uno non ha avuto seguito.
Sulla stessa lunghezza d’onda l’andamento a livello federale, secondo i dati fornitici dall’ufficio stampa della Sso: nel 2014 sono stati esaminati 293 reclami, di cui 238 riguardavano la qualità delle cure. Nel 19% dei casi sono state riconosciute le ragioni del paziente, nel 22% quelle del dentista e nel 25% si è raggiunto un compromesso tra le parti; i restanti reclami sono ancora in fase di definizione o sono stati ritirati. Pochissimi i pazienti che si rivolgono al tribunale, anche perché le spese per chi soccombe sono molto elevate.

Francia
Strada ben illuminata anche in Francia per i pazienti che si sentono danneggiati. Il cittadino d’Oltralpe viene invitato a chiedere un appuntamento col suo curante per esporre pacificamente le sue contestazioni; nel caso non si senta soddisfatto, può scrivere al presidente dell’ordine competente per territorio. Questi, a seconda del caso, può invitare il professionista a un nuovo incontro o designare direttamente un arbitro scelto tra i membri della commissione di conciliazione. Dopo aver ascoltato le parti (che possono anche farsi rappresentare da un avvocato), l’arbitro propone una soluzione conciliativa che, se viene accettata, esclude qualunque altra azione di rivalsa relativa alle contestazioni. In caso di insuccesso, il paziente può ricorrere alle vie legali oltre che alla commissione disciplinare dell’ordine per gli aspetti deontologici. Se la controversia riguarda puramente un aspetto tecnico, come l’insuccesso di un trattamento protesico, il paziente può chiedere l’intervento diretto dell’assicurazione dell’odontoiatra. Alle conclusioni non favorevoli della compagnia, il paziente può opporsi chiedendo un arbitrato o rivolgendosi alla giustizia ordinaria che nominerà un perito.

Regno Unito
Non poteva essere che semplice e agevole il percorso da seguire nel Regno Unito, dove il cittadino non deve fare altro che seguire le istruzioni contenute nel sito del General Dental Council, l’ente indipendente che regola non solo la professione odontoiatrica ma tutti gli operatori del settore dentale, igienisti dentali e odontotecnici compresi.
Il sito orienta i pazienti in base al caso: se si tratta di problemi deontologici o di situazioni in conflitto con il regolare esercizio della professione, se ne occupa direttamente il Gdc; per le richieste di risarcimento danni, è invece possibile rivolgersi gratuitamente al Dental Complaints Service (Dcs), che è finanziato dallo stesso Gdc, oppure direttamente a un avvocato. Compito di questo servizio è favorire la conciliazione tra curante e paziente se il rapporto di cura è di tipo privato; sono escluse quindi le cure svolte in regime di convenzione col servizio sanitario pubblico. Il Dcs assiste il cittadino chiedendo al curante di rispondere alle lamentele ed eventualmente restituire quanto pagato; in alternativa, può anche chiedere di rifare le cure eseguite, se il paziente si fida ancora di lui.
Esistono altre organizzazioni che possono aiutare i pazienti in questi casi, come per esempio il Parliamentary and Health Service Ombudsman, che ha competenza sulle cure ricevute tramite il servizio pubblico, oppure Healthwatch, associazione indipendente di consumatori e utenti.
Interessante scorrere la statistica 2014 dell’attività del Dcs che si è occupato di circa 1.000 casi, la metà dei quali relativi a cure eseguite dal servizio pubblico. Dei casi presi in carico il 6% è stato segnalato direttamente da uno studio odontoiatrico e il 12% dal General Dental Council. Le aree operative più coinvolte sono, come in Italia, la protesi (che copre più della metà dei casi), seguita dagli impianti e dall’ortodonzia.
Tutto ciò, comunque, non evita di vedere allettanti pubblicità di siti legali specializzati in “malpractice” che garantiscono assistenza “no win, no fee”, cioè nessuna spesa in caso di soccombenza. Ma come si legge sul sito dentallaw.co.uk, è molto raro che si arrivi davanti al giudice, perché nella maggior parte dei casi le parti trovano un accordo. Come in Germania, anche nel Regno Unito l’onere della prova è a carico del paziente, al contrario dell’Italia dove vige l’inaccettabile “inversione” di quest’onere.

Usa, Canada, Irlanda e Nuova Zelanda
Seguendo la loro madrepatria culturale, in Usa, Canada e Irlanda le questioni tra pazienti e dentisti vengono gestite nel medesimo modo da parte degli enti che regolano la professione. Lo stesso succede dall’altra parte del mondo, in Nuova Zelanda, dove lo stile raggiunge il massimo del pragmatismo. Uno stile di cui si può apprezzare la concretezza e immaginare l’efficacia visitando il sito dell’organismo che giudica e sanziona tutti i professionisti sanitari, chiamato Health Practitioners Disciplinary Tribunal (www.hpdt.org.nz).
I membri del tribunale sono nominati dal ministro della Salute e comprendono sia professionisti sanitari sia magistrati che fungono da presidenti delle commissioni a cui vengono affidati i casi da giudicare. Reperire le informazioni su questo sito e su quello del Dental Council, l’organo che regola tutti gli operatori del settore dentale, è di una facilità che sconvolge chi è abituato alle critpocrazie italiane. Così come è sconvolgente poter leggere i verbali di ogni singolo caso con le relative sanzioni, quando dall’altra parte del mondo, il presidente della Cao nega la possibilità di pubblicare i nomi dei prestanome.

Spagna e Portogallo
Fin qui le nazioni di cultura anglosassone e germanica, lontane cinque secoli e una Riforma, ma altrettanto impietoso per l’Italia è il confronto con due nazioni di cultura neolatina che, solitamente, non compaiono in cima alle classifiche: Spagna e Portogallo. Tra il percorso di guerra che attende il paziente italiano e quello che imboccano spagnoli e portoghesi c’è una differenza pari a quella esistente tra un tratturo e un’autostrada. Ce ne si può fare un’idea scorrendo il sito dell’Ordem dos Mèdicos Dentistas (www.omd.pt/deontologia/reclamacao-doente) oppure quello della Entidade Reguladora da Saúde, organismo del servizio santario pubblico portoghese, che può fungere da camera di conciliazione (www.ers.pt/pages/396); analogamente ci si può rivolgere a un’associazione indipendente di consumatori come www.deco.proteste.pt.
In Spagna il sistema è ancora più evoluto: fino al 2013 esisteva il Sistema Defensor del Paciente Odontológico (Sidepo), un organo indipendente nato per iniziativa del Consejo General de Dentistas, che forniva gratuitamente consulenza, mediazione e servizio peritale. Il Sidepo ha poi cessato di operare per effetto di una legge che obbliga tutti gli ordini professionali a promuovere e a svolgere attività di mediazione a favore dei cittadini. Purtroppo, essendo un’attività demandata a ogni singolo ordine territoriale, il Consejo General non ha potuto fornirci alcuna statistica.

In Italia qualcuno ci prova
A fronte di tanta semplicità e concretezza, in Italia stanno sporadiche e flebili iniziative di alcuni ordini (tra cui Roma, Catania, Bologna), dai quali non è stato però possibile ottenere dati sull’attività di conciliazione. È comunque immaginabile il peso di questa attività se si considera che a Roma non è durato neppure un anno l’organismo di conciliazione nato sotto i migliori auspici per iniziativa dell’ordine dei medici insieme con quello degli avvocati e di alcune assicurazioni.
Una situazione parzialmente simile a quella italiana si ritrova in Polonia, dove l’ordine dei medici non opera come organo di conciliazione. Ma i casi segnalati, che si tratti di deontologia o di responsabilità professionale, vengono esaminati da un tribunale interno all’ordine che prevede tre gradi di giudizio con un iter che si conclude molto più rapidamente dei nostri procedimenti giudiziari. Per le soluzioni extragiudiziali i cittadini possono contare sull’aiuto delle associazioni di consumatori, prima di rivolgersi a un avvocato.

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